domenica 15 maggio 2011

Un patto di stabilità per la scuola.


Franco Frabboni  1. L’età dell’oro Dopo una lunga Primavera - tre decenni: dagli anni Settanta al Duemila - nei primi due lustri del nuovo millennio la Scuola italiana non solo ha inforcato il passo del Gambero alla voce qualità del sistema di istruzione (ruzzolando fragorosamente dalla prima alla tredicesima posizione dell’Unione europea: su quindici Paesi!), ma é stata anche costretta alla sedia a rotelle. Cioè a dire, nell’impossibilità di riprendere la marcia verso un’idea/altra di Scuola: verso frontiere del preobbligo, dell’obbligo e del postobbligo democratiche e colte. Sono le vie irrinunciabili per sfiorare il cielo abitato di bambini e di adolescenti che pensano con la propria testa e sognano con il proprio cuore. Il presente Saggio dedica il suo primo capitolo agli ultimi quarant’anni della Scuola del bel Paese, nella consapevolezza che senza memoria non si può costruire un sistema di istruzione in grado di dare futuro alle giovani generazioni. Soprattutto, quando il cassetto dei ricordi é stipato di luminosi ideali educativi e di prestigiosi modelli scolastici. Parliamo del “cofanetto” di pietre preziose che si é arricchito negli anni per merito degli incontri, sempre più ravvicinati e fertili, tra la Pedagogia cattolica e laica, tra la Pedagogia accademica e popolare, tra la teoria e la prassi in educazione. Siamo alla Primavera della Scuola di casa nostra. Questa, all’alba del terzo millennio riceverà in sede continentale la statuetta dell’Oscar quale sistema più avanzato e prospettico di alfabetizzazione dell’infanzia e dell’adolescenza. Domanda. Perché allo scoccare del Duemila il vecchio Continente testimonia un’attrazione fatale per il sistema/Scuola - meridiano, solare, mediterraneo - della nostra penisola? Non certo per i copiosi trasferimenti di risorse statali alle sue contrade periferiche. Di conseguenza, non certo per la sua compiuta scolarizzazione, non certo per le qualità del suo parco edilizio, non certo per la sua efficienza organizzativa. L’attrazione fatale é per altro. E’ per il profumo pedagogico e didattico che emana il suo progetto/Scuola: a partire dal coraggioso sguardo leopardiano - oltre l’ermo colle - su un futuro dell’istruzione nel nome del diritto di tutti allo studio e alla formazione lungo le stagioni della vita. Un progetto/Scuola sostenuto da una straordinaria alleanza, da un gigantesco “girotondo” a cui diedero vita - dandosi la mano nell’ultimo terzo di Novecento (sotto la spinta del Sessantotto e delle mongolfiere educative alzate in cielo da Don Lorenzo Milani, Mario Mencarelli, Gianni Rodari, Giovanni Maria Bertin, Giusppe Flores d’Arcais, Bruno Ciari, Raffaele Laporta, Loris Malaguzzi) - gli studenti, gli insegnanti, i genitori, gli enti/locali, i sindacati, l’associazionismo cattolico e laico. In altre parole. Nel Duemila, l’Unione europea premia l’Italia con una prestigiosa medaglia al merito. Una sorta di Legione d’onore alla Nazione che aveva inaugurato l’età dell’oro della Scuola di base: zero/sei (asilo nido e scuola dell’infanzia), sei/undici (scuola elementare) e undici/quattordici (scuola media). E’ la stagione nella quale trova definitiva maturazione una Pedagogia endogena, democratica e progressista: nata dal basso nelle tante contrade della penisola. Una via/nazionale dell’istruzione, una strada formativa italiana in cammino verso un mondo abitato da bambini e da ragazzi che vogliono conoscere, ma anche sognare. E chiedono di sorseggiare fino all’ultima goccia il calice della loro domenica (l’oggi della vita), ma anche assaporare le primizie del loro lunedì (il domani profumato di inattualità).
2. Dall’altare alla polvere Dopo l’anno delle stelle - i dodici mesi del debutto del Duemila - subentra il decennio delle stalle: i due lustri di debutto del Ventunesimo secolo. Nel secondo quinquennio, é stato devastante l’ultimo triennio. Allorquando il Ministro Gelmini, dallo scranno più alto del Dicastero dell’istruzione, ha imposto alle contrade scolastiche - con l’arroganza di chi è illetterato in educazione - liturgie mediatiche e riti pagani. Tanto da prescrivere alla Scuola una genuflessione dinanzi al “suo” altare sconsacrato: raffigura una Controriforma del sistema di istruzione posta tra meritocrazia e incultura, tra saperi/verità e quiz, tra opzioni antidemocratiche e disvalori. Siamo al cospetto di un’Anti/Scuola. Un sistema formativo disseminato di polpette avvelenate che fanno l’occhiolino ai richiami sia delle sirene aziendalistiche (il Mercato), sia dei saperi in pillole che inondano quotidianamente il video (il Mediatico).Rinforziamo il concetto. Con l’avvento in viale Trastevere di questo impresentabile Ministro, la Scuola é stata costretta ad abbandonare il profetico altare della Persona e della Cultura per snaturarsi nell’immagine mefistofelica di palestra di Competitività e di Meritocrazia. La sua “riformicchia” mira a tramutare la classe in un ring dove gli allievi sono obbligati a incrociare quotidianamente i guantoni. Una girandola di match che sancirà chi potrà ancora prendere posto nel proprio/banco (il vincitore) e chi ne verrà allontanato (il vinto: bocciato e ripetente). Bucare il video nel nome dei brutali messaggi della Competitività e della Meritocrazia significa cancellare l’amicizia e la solidarietà nella vita di classe e intossicare i luoghi della formazione di dinamiche antagonistiche e conflittuali: sicure apripista di aggressività e di violenza.La pagella che redigiamo sulla Controriforma/Gelmini é inevitabilmente disseminata di brutti voti. Pertanto, non può essere rimandata a ottobre. Ma bocciata e basta. Questo perché i suoi riflettori antipedagogici prediligono i palcoscenici dove si recita il copione di un sistema scolastico subalterno e funzionale al Mercato (che snatura la Scuola in un’azienda che confeziona menti e cuori secondo la logica industriale della catena di montaggio) e al Mediatico (che snatura la Scuola in un mare inquinato da saperi liquidi - i quiz - che mettono le catene all’intelligenza infantile e adolescenziale costringendola alla rottamazione del suo potenziale pensiero plurale).Per drogare il popolo dei teledipendenti tramite le parole d’ordine del Mercato e del Mediatico, la sua “riformicchia” si veste da Attila per demolire l’età dell’oro della Scuola di fine Novecento. Come? Tramite un impietoso uso della mannaia: sull’organico dei docenti, sulle sedi scolastiche, sul monte/orario, sui servizi bus/mensa e sulla qualità della didattica. Pertanto, via dalla Scuola gli atelier, i laboratori, l’interdisciplinarità, la ricerca, la creatività, i saperi/caldi dell’ambiente sociale e naturale. Basta e avanza il banco: la lezione dell’insegnante e il libro di testo. 3. Quale domani per la scuola? 3.1. A CAMERE RIUNITELa nostra speranza pedagogica é che albeggi al più presto una Scuola condivisa tra i tradizionali schieramenti in campo nelle alternanze di Governo del nostro Paese: i Progressisti e i Conservatori. L’auspicio é che venga formalizzato dal Parlamento (a Camere riunite) un patto di lunga durata nel nome dell’Istruzione e della Formazione per tutte le stagioni della vita. Parliamo di cieli educativi “condivisi” da parte delle forze politiche del Paese. A queste, va delegato il compito di consacrare sia l’identità democratica e inclusiva della Scuola, sia la formazione di infanzie e di giovani dalla testa-ben-fatta e dalla coscienza-civile: cittadini per la società di domani corredati di impegno, dialogo, cooperazione, solidarietà. Come dire. Alla rotonda delle nuove generazioni auspichiamo la nascita di una Scuola condivisa tra i tradizionali schieramenti in campo nelle alternanze di Governo: i Progressisti e i Conservatori. L’auspicio é che il Parlamento rediga un patto di lunga durata nel nome di una Scuola democratica, inclusiva, colta e solidale: la sola in grado di formare giovani aperti al dialogo, all’impegno, alla cooperazione, ai valori. Attenzione, però. Dal “patto”, va esclusa la Destra populista, regressista e padronale che cinicamente ha strappato l’anima alla Scuola. Tanto da imporle una genuflessione dinanzi al “suo” altare sconsacrato: raffigura una Controriforma posta tra meritocrazia e incultura, tra saperi/verità e quiz, tra opzioni illiberali e disvalori. Siamo all’Anti/scuola. Fedele esecutrice del Premier, il ministro Gelmini ha rovesciato come-un-calzino il patrimonio pedagogico e didattico del nostro sistema di istruzione di fine Novecento. Preferendo gracchiare al vento parole provocatorie: Meritocrazia (uguale: selezione), Separazione (uguale: classi speciali e classi etniche), Mnemonismo (uguale: pensiero coccodé) e Competitività (uguale: il compagno di banco é un mio nemico). Sono lemmi medievali che hanno aperto la botola dove é precipitata l’Italia nel primo decennio del Secolo: un ruzzolone dal primo al tredicesimo posto tra i quindici Paesi dell’Unione! Pertanto, non possiamo condividere - di più: la nostra critica é totale - una politica scolastica (come quella cavalcata a testa bassa dalla Gelmini) che giorno dopo giorno mette nel mirino la perturbazione dei lembi d’azzurro gelosamente off-limits alle manomissioni ideologiche. 3.2. SE  CULTURA FA RIMA CON SCUOLACon passione pedagogica, auspichiamo che l’attuale gestione illiberale e populista del Paese sia allo stadio terminale. Traguardo possibile se la nostra penisola cavalcherà l’onda/lunga delle forze democratiche - Progressiste e Conservatrici - protese a ridare voce e priorità ad alcuni sacri “paletti” della nostra Costituzione (il lavoro, la giustizia, il welfare, il federalismo, l’informazione): manomessi, se non divelti, durante la lunga notte di una Destra populista, illiberale, padronale. Lo scopo é di riposizionarli lassù nel lembo di cielo azzurro estraneo ai giochi di potere - in quanto regole condivise - dove regnano le categorie universali della politica. Per chi ha elaborato idee e ha insegnato nell’ambito umanistico, la speranza é che le forze democratiche si impegnino con molta determinazione a favore di un ulteriore “paletto” costituzionale di nome Cultura: scuola, università e arte (teatro, musica, cinema, musei, mostre, biblioteche). Sottoposta alla profanazione quotidiana dallo tsunami omologante della videocrazia, la speranza é che la Cultura sia elevata a quercia non più sradicabile dalla nostra Costituzione. Questa, la nostra incrollabile certezza: la scuola, l’università e l’arte indossano l’abito del Contromedium. Sono le irriducibili avversarie dei cachet strizzacervelli del Mediatico, sono le agguerrite antagoniste di una lanterna/tv che catrama e sopisce la mente dei giovani, degli adulti e degli anziani. Per queste considerazioni, la Cultura ha diritto a un posto di prima fila in quella zona di cielo sopra le nuvole impassibile ai cambi meteorologici della democrazia dell’alternanza. I suoi occhi sono spalancati sul soggetto/Persona: mai sul soggetto/Massa tanto caro al Governo in carica. Soltanto uno sguardo illuminato di Cultura darà futuro a una Persona dall’etica/solidale (socialmente non-competitiva) e dal pensiero/plurale (intellettualmente non-conformista). In queste pagine, Cultura fa rima con Scuola. Cioè a dire, (a) con il diritto di tutti all’entrata e all’uscita nel/dal sistema di istruzione: no con fermezza a un’istruzione selettiva, nascosta sotto il giudaico mantello della Meritocrazia; (b) con il diritto all’amicizia e alla cooperazione: no con fermezza a un Scuola blindata nel banco, vuota di parole e di solidarietà; (c) con il diritto all’integrazione dell’utenza disabile e di quella titolare di altra/etnia: no con fermezza a una Scuola che le separa in classi speciali e in classi etniche. Sono le nostre macro-idee per la Scuola di domani. L’auspicio é per un sistema di istruzione dallo zaino stipato di ideali pedagogici: l’opzione per una cultura democratica e antidogmatica; l’opzione per un’istruzione attiva e antiautoritaria; l’opzione per rigorose procedure di insegnamento-apprendimento dai fondamenti scientifici. Ma anche dallo zaino avvolto da nastri didattici dai variopinti colori formativi. Ne citiamo alcuni: l’apertura all’ambiente (l’istruzione va nutrita delle risorse formative della città intese come aule-didattiche-decentrate), l’alternanza classe-interclasse (va dato palcoscenico ai Laboratori: centri di interesse e aule interdisciplinari: linguistiche, storico-geografiche, musicali-teatrali-pittoriche et al.), la pratica della ricerca e del lavoro di gruppo (una Scuola officina-di-metodo: bottega in cui si impara a imparare, insieme) e l’identità di comunità-educante (la Scuola nobilitata a vivaio
di relazioni umane: convivialità, amicizia, disponibilità, cooperazione, solidarietà).