domenica 15 maggio 2011

Un patto di stabilità per la scuola.


Franco Frabboni  1. L’età dell’oro Dopo una lunga Primavera - tre decenni: dagli anni Settanta al Duemila - nei primi due lustri del nuovo millennio la Scuola italiana non solo ha inforcato il passo del Gambero alla voce qualità del sistema di istruzione (ruzzolando fragorosamente dalla prima alla tredicesima posizione dell’Unione europea: su quindici Paesi!), ma é stata anche costretta alla sedia a rotelle. Cioè a dire, nell’impossibilità di riprendere la marcia verso un’idea/altra di Scuola: verso frontiere del preobbligo, dell’obbligo e del postobbligo democratiche e colte. Sono le vie irrinunciabili per sfiorare il cielo abitato di bambini e di adolescenti che pensano con la propria testa e sognano con il proprio cuore. Il presente Saggio dedica il suo primo capitolo agli ultimi quarant’anni della Scuola del bel Paese, nella consapevolezza che senza memoria non si può costruire un sistema di istruzione in grado di dare futuro alle giovani generazioni. Soprattutto, quando il cassetto dei ricordi é stipato di luminosi ideali educativi e di prestigiosi modelli scolastici. Parliamo del “cofanetto” di pietre preziose che si é arricchito negli anni per merito degli incontri, sempre più ravvicinati e fertili, tra la Pedagogia cattolica e laica, tra la Pedagogia accademica e popolare, tra la teoria e la prassi in educazione. Siamo alla Primavera della Scuola di casa nostra. Questa, all’alba del terzo millennio riceverà in sede continentale la statuetta dell’Oscar quale sistema più avanzato e prospettico di alfabetizzazione dell’infanzia e dell’adolescenza. Domanda. Perché allo scoccare del Duemila il vecchio Continente testimonia un’attrazione fatale per il sistema/Scuola - meridiano, solare, mediterraneo - della nostra penisola? Non certo per i copiosi trasferimenti di risorse statali alle sue contrade periferiche. Di conseguenza, non certo per la sua compiuta scolarizzazione, non certo per le qualità del suo parco edilizio, non certo per la sua efficienza organizzativa. L’attrazione fatale é per altro. E’ per il profumo pedagogico e didattico che emana il suo progetto/Scuola: a partire dal coraggioso sguardo leopardiano - oltre l’ermo colle - su un futuro dell’istruzione nel nome del diritto di tutti allo studio e alla formazione lungo le stagioni della vita. Un progetto/Scuola sostenuto da una straordinaria alleanza, da un gigantesco “girotondo” a cui diedero vita - dandosi la mano nell’ultimo terzo di Novecento (sotto la spinta del Sessantotto e delle mongolfiere educative alzate in cielo da Don Lorenzo Milani, Mario Mencarelli, Gianni Rodari, Giovanni Maria Bertin, Giusppe Flores d’Arcais, Bruno Ciari, Raffaele Laporta, Loris Malaguzzi) - gli studenti, gli insegnanti, i genitori, gli enti/locali, i sindacati, l’associazionismo cattolico e laico. In altre parole. Nel Duemila, l’Unione europea premia l’Italia con una prestigiosa medaglia al merito. Una sorta di Legione d’onore alla Nazione che aveva inaugurato l’età dell’oro della Scuola di base: zero/sei (asilo nido e scuola dell’infanzia), sei/undici (scuola elementare) e undici/quattordici (scuola media). E’ la stagione nella quale trova definitiva maturazione una Pedagogia endogena, democratica e progressista: nata dal basso nelle tante contrade della penisola. Una via/nazionale dell’istruzione, una strada formativa italiana in cammino verso un mondo abitato da bambini e da ragazzi che vogliono conoscere, ma anche sognare. E chiedono di sorseggiare fino all’ultima goccia il calice della loro domenica (l’oggi della vita), ma anche assaporare le primizie del loro lunedì (il domani profumato di inattualità).
2. Dall’altare alla polvere Dopo l’anno delle stelle - i dodici mesi del debutto del Duemila - subentra il decennio delle stalle: i due lustri di debutto del Ventunesimo secolo. Nel secondo quinquennio, é stato devastante l’ultimo triennio. Allorquando il Ministro Gelmini, dallo scranno più alto del Dicastero dell’istruzione, ha imposto alle contrade scolastiche - con l’arroganza di chi è illetterato in educazione - liturgie mediatiche e riti pagani. Tanto da prescrivere alla Scuola una genuflessione dinanzi al “suo” altare sconsacrato: raffigura una Controriforma del sistema di istruzione posta tra meritocrazia e incultura, tra saperi/verità e quiz, tra opzioni antidemocratiche e disvalori. Siamo al cospetto di un’Anti/Scuola. Un sistema formativo disseminato di polpette avvelenate che fanno l’occhiolino ai richiami sia delle sirene aziendalistiche (il Mercato), sia dei saperi in pillole che inondano quotidianamente il video (il Mediatico).Rinforziamo il concetto. Con l’avvento in viale Trastevere di questo impresentabile Ministro, la Scuola é stata costretta ad abbandonare il profetico altare della Persona e della Cultura per snaturarsi nell’immagine mefistofelica di palestra di Competitività e di Meritocrazia. La sua “riformicchia” mira a tramutare la classe in un ring dove gli allievi sono obbligati a incrociare quotidianamente i guantoni. Una girandola di match che sancirà chi potrà ancora prendere posto nel proprio/banco (il vincitore) e chi ne verrà allontanato (il vinto: bocciato e ripetente). Bucare il video nel nome dei brutali messaggi della Competitività e della Meritocrazia significa cancellare l’amicizia e la solidarietà nella vita di classe e intossicare i luoghi della formazione di dinamiche antagonistiche e conflittuali: sicure apripista di aggressività e di violenza.La pagella che redigiamo sulla Controriforma/Gelmini é inevitabilmente disseminata di brutti voti. Pertanto, non può essere rimandata a ottobre. Ma bocciata e basta. Questo perché i suoi riflettori antipedagogici prediligono i palcoscenici dove si recita il copione di un sistema scolastico subalterno e funzionale al Mercato (che snatura la Scuola in un’azienda che confeziona menti e cuori secondo la logica industriale della catena di montaggio) e al Mediatico (che snatura la Scuola in un mare inquinato da saperi liquidi - i quiz - che mettono le catene all’intelligenza infantile e adolescenziale costringendola alla rottamazione del suo potenziale pensiero plurale).Per drogare il popolo dei teledipendenti tramite le parole d’ordine del Mercato e del Mediatico, la sua “riformicchia” si veste da Attila per demolire l’età dell’oro della Scuola di fine Novecento. Come? Tramite un impietoso uso della mannaia: sull’organico dei docenti, sulle sedi scolastiche, sul monte/orario, sui servizi bus/mensa e sulla qualità della didattica. Pertanto, via dalla Scuola gli atelier, i laboratori, l’interdisciplinarità, la ricerca, la creatività, i saperi/caldi dell’ambiente sociale e naturale. Basta e avanza il banco: la lezione dell’insegnante e il libro di testo. 3. Quale domani per la scuola? 3.1. A CAMERE RIUNITELa nostra speranza pedagogica é che albeggi al più presto una Scuola condivisa tra i tradizionali schieramenti in campo nelle alternanze di Governo del nostro Paese: i Progressisti e i Conservatori. L’auspicio é che venga formalizzato dal Parlamento (a Camere riunite) un patto di lunga durata nel nome dell’Istruzione e della Formazione per tutte le stagioni della vita. Parliamo di cieli educativi “condivisi” da parte delle forze politiche del Paese. A queste, va delegato il compito di consacrare sia l’identità democratica e inclusiva della Scuola, sia la formazione di infanzie e di giovani dalla testa-ben-fatta e dalla coscienza-civile: cittadini per la società di domani corredati di impegno, dialogo, cooperazione, solidarietà. Come dire. Alla rotonda delle nuove generazioni auspichiamo la nascita di una Scuola condivisa tra i tradizionali schieramenti in campo nelle alternanze di Governo: i Progressisti e i Conservatori. L’auspicio é che il Parlamento rediga un patto di lunga durata nel nome di una Scuola democratica, inclusiva, colta e solidale: la sola in grado di formare giovani aperti al dialogo, all’impegno, alla cooperazione, ai valori. Attenzione, però. Dal “patto”, va esclusa la Destra populista, regressista e padronale che cinicamente ha strappato l’anima alla Scuola. Tanto da imporle una genuflessione dinanzi al “suo” altare sconsacrato: raffigura una Controriforma posta tra meritocrazia e incultura, tra saperi/verità e quiz, tra opzioni illiberali e disvalori. Siamo all’Anti/scuola. Fedele esecutrice del Premier, il ministro Gelmini ha rovesciato come-un-calzino il patrimonio pedagogico e didattico del nostro sistema di istruzione di fine Novecento. Preferendo gracchiare al vento parole provocatorie: Meritocrazia (uguale: selezione), Separazione (uguale: classi speciali e classi etniche), Mnemonismo (uguale: pensiero coccodé) e Competitività (uguale: il compagno di banco é un mio nemico). Sono lemmi medievali che hanno aperto la botola dove é precipitata l’Italia nel primo decennio del Secolo: un ruzzolone dal primo al tredicesimo posto tra i quindici Paesi dell’Unione! Pertanto, non possiamo condividere - di più: la nostra critica é totale - una politica scolastica (come quella cavalcata a testa bassa dalla Gelmini) che giorno dopo giorno mette nel mirino la perturbazione dei lembi d’azzurro gelosamente off-limits alle manomissioni ideologiche. 3.2. SE  CULTURA FA RIMA CON SCUOLACon passione pedagogica, auspichiamo che l’attuale gestione illiberale e populista del Paese sia allo stadio terminale. Traguardo possibile se la nostra penisola cavalcherà l’onda/lunga delle forze democratiche - Progressiste e Conservatrici - protese a ridare voce e priorità ad alcuni sacri “paletti” della nostra Costituzione (il lavoro, la giustizia, il welfare, il federalismo, l’informazione): manomessi, se non divelti, durante la lunga notte di una Destra populista, illiberale, padronale. Lo scopo é di riposizionarli lassù nel lembo di cielo azzurro estraneo ai giochi di potere - in quanto regole condivise - dove regnano le categorie universali della politica. Per chi ha elaborato idee e ha insegnato nell’ambito umanistico, la speranza é che le forze democratiche si impegnino con molta determinazione a favore di un ulteriore “paletto” costituzionale di nome Cultura: scuola, università e arte (teatro, musica, cinema, musei, mostre, biblioteche). Sottoposta alla profanazione quotidiana dallo tsunami omologante della videocrazia, la speranza é che la Cultura sia elevata a quercia non più sradicabile dalla nostra Costituzione. Questa, la nostra incrollabile certezza: la scuola, l’università e l’arte indossano l’abito del Contromedium. Sono le irriducibili avversarie dei cachet strizzacervelli del Mediatico, sono le agguerrite antagoniste di una lanterna/tv che catrama e sopisce la mente dei giovani, degli adulti e degli anziani. Per queste considerazioni, la Cultura ha diritto a un posto di prima fila in quella zona di cielo sopra le nuvole impassibile ai cambi meteorologici della democrazia dell’alternanza. I suoi occhi sono spalancati sul soggetto/Persona: mai sul soggetto/Massa tanto caro al Governo in carica. Soltanto uno sguardo illuminato di Cultura darà futuro a una Persona dall’etica/solidale (socialmente non-competitiva) e dal pensiero/plurale (intellettualmente non-conformista). In queste pagine, Cultura fa rima con Scuola. Cioè a dire, (a) con il diritto di tutti all’entrata e all’uscita nel/dal sistema di istruzione: no con fermezza a un’istruzione selettiva, nascosta sotto il giudaico mantello della Meritocrazia; (b) con il diritto all’amicizia e alla cooperazione: no con fermezza a un Scuola blindata nel banco, vuota di parole e di solidarietà; (c) con il diritto all’integrazione dell’utenza disabile e di quella titolare di altra/etnia: no con fermezza a una Scuola che le separa in classi speciali e in classi etniche. Sono le nostre macro-idee per la Scuola di domani. L’auspicio é per un sistema di istruzione dallo zaino stipato di ideali pedagogici: l’opzione per una cultura democratica e antidogmatica; l’opzione per un’istruzione attiva e antiautoritaria; l’opzione per rigorose procedure di insegnamento-apprendimento dai fondamenti scientifici. Ma anche dallo zaino avvolto da nastri didattici dai variopinti colori formativi. Ne citiamo alcuni: l’apertura all’ambiente (l’istruzione va nutrita delle risorse formative della città intese come aule-didattiche-decentrate), l’alternanza classe-interclasse (va dato palcoscenico ai Laboratori: centri di interesse e aule interdisciplinari: linguistiche, storico-geografiche, musicali-teatrali-pittoriche et al.), la pratica della ricerca e del lavoro di gruppo (una Scuola officina-di-metodo: bottega in cui si impara a imparare, insieme) e l’identità di comunità-educante (la Scuola nobilitata a vivaio
di relazioni umane: convivialità, amicizia, disponibilità, cooperazione, solidarietà).

La scuola dell’infanzia paritaria e convenzionata con il Comune. A Bologna si discute.

Paolo Rebaudengo


In Emilia-Romagna e in particolare a Bologna, a Reggio, a Modena, la scuola dell’infanzia ha una gloriosa storia e tradizione di avanguardia, sul piano sociale, culturale, pedagogico e di contributo all’economia del territorio e alla emancipazione delle donne, che oggi viene fatta pagare dal Governo di destra al Comune, lasciandogliene quasi tutto il peso economico. Infatti su 7.732 posti di scuola dell’infanzia, a Bologna, ben il 68% sono comunali, il 21% privati e solo l’11% statali.

La storia della scuola dell’infanzia statale non è altrettanto lunga. Tuttavia bisogna partire almeno dal 1968 (legge 444), seppure tentativi precedenti siano avvenuti nel 1962 con una legge che prevedeva l’istituzione della scuola materna statale accanto a quelle non statali, che non trovò applicazione per la fine anticipata della legislatura, e nel 1964, quando si discusse a lungo (anche sulla possibilità che potessero insegnarvi maestri di genere maschile) su un provvedimento che venne respinto dalla Camera. Il 1968 fu un anno buono per i bambini: nacque “l’Ordinamento della scuola materna statale". Ma solo trent’anni dopo, con la legge Berlinguer del 2000, il sistema dell’istruzione ha incluso la scuola, finalmente non più denominata “materna” nella sua articolazione: "il sistema educativo di istruzione si articola nella scuola dell'infanzia, nel ciclo primario…".

Importantissimi gli Orientamenti ministeriali del 1991: alle bambine e ai bambini vengono riconosciuti " i diritti inalienabili - sanciti anche dalla nostra Costituzione e da dichiarazioni e convenzioni internazionali all'educazione, al rispetto dell'identità individuale, etnica, linguistica, religiosa, sui quali si fonda la promozione di una nuova qualità della vita intesa come grande finalità educativa del tempo presente…..

Ma a tutt’oggi la scuola dell’infanzia non rientra nell'obbligo di istruzione, nonostante sia frequentata da più del 90% dei bambini dai tre ai sei anni. Un orientamento nel senso dell’obbligo per almeno due anni di scuola dell’infanzia venne formulato dall’ultimo Governo Prodi, che tuttavia non fece in tempo a realizzarlo.

La scuola dell’infanzia, secondo l’art. 2 della legge 543/2003 (riforma Moratti), ha durata triennale e concorre all'educazione e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo, morale, religioso e sociale delle bambine e dei bambini promuovendone le potenzialita' di relazione, autonomia, creativita', apprendimento, e ad assicurare un'effettiva eguaglianza delle opportunità educative; nel rispetto della primaria responsabilita' educativa dei genitori, essa contribuisce alla formazione integrale delle bambine e dei bambini e, nella sua autonomia e unitarieta' didattica e pedagogica, realizza la continuita' educativa con il complesso dei servizi all'infanzia e con la scuola primaria. E' assicurata la generalizzazione dell'offerta formativa e la possibilita' di frequenza della scuola dell'infanzia; alla scuola dell'infanzia possono essere iscritti secondo criteri di gradualita' e in forma di sperimentazione le bambine e i bambini che compiono i 3 anni di eta' entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento, anche in rapporto all'introduzione di nuove professionalita' e modalita' organizzative.





Dunque, sia pur con molte cautele, viene affermato un diritto alla scuola dell’infanzia. Diritto per la verità negato ogni qualvolta sono stati richiesti tutti i docenti delle sezioni statali per concretizzare quel diritto. L’allora sottosegretaria all’Istruzione Valentina Aprea, alla delegazione di sindaci del territorio bolognese guidati dall’assessore provinciale all’Istruzione disse che si trattava sì di un diritto ma non di un dovere e che quindi il Ministero non era tenuto a fornire tutti i docenti necessari. Aggiunse anche che, in fondo, ai bambini non avrebbe fatto male stare a casa con la mamma……

Il Ministro Giuseppe Fioroni, succeduto nel 2006 alla Moratti, affermò che “lo sviluppo, quantitativo e di qualità, della scuola d'infanzia fa parte a pieno titolo delle politiche per le pari opportunità di uomini e donne rispetto al lavoro.”

Con il DM 31.7.2007 vengono formulate indicazioni unitarie per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo: “a cominciare dall’anno scolastico in corso, cioè 2007-2008, le scuole dell’infanzia e del primo ciclo dovranno ispirarsi, per la redazione del loro piano di offerta formativa, alle nuove indicazioni per il curricolo”. Al centro di ogni progetto educativo deve essere posta la “persona”, come essere unico ed irripetibile. E anche per l’infanzia vale la consegna alla scuola del compito di educare istruendo (la scuola deve consegnare il patrimonio culturale che ci viene dal passato, perché non vada disperso e possa essere messo a frutto; poi ha il compito di preparare al futuro, accompagnando i giovani verso la vita adulta e fornendo loro quelle competenze indispensabili per essere protagonisti all'interno del contesto economico e sociale in cui vivono; infine deve accompagnare il percorso di formazione personale dello studente, sostenendo la sua ricerca di senso ed il faticoso processo di costruzione della propria personalità).
Tutti gli obbiettivi contenuti nelle indicazioni dunque "possono essere raggiunti fin dalle prime fasi della formazione”.

La scuola dell’infanzia a Bologna copre praticamente il 100% delle richieste. Negli ultimi due anni con qualche scarto rispetto alla domanda di tempo pieno e anche di prima iscrizione poiché il Ministero non ha dato seguito alla richiesta di tutti i docenti necessari.

I bambini iscritti nelle scuole dell’infanzia statali sono 841, nella scuole comunali 5.269, nelle scuole private paritarie 1.600. La quota maggioritaria fa dunque capo al Comune, con la percentuale più alta in Italia e anche in Emilia-Romagna e in provincia, per ragioni storiche, rispetto alle quali dovrebbero tuttavia oggi prevalere le ragioni normative e ordinamentali più recenti.

L'introduzione di un "sistema pubblico integrato di scuola dell'infanzia a gestione mista comunale, statale, autonoma" basato su "un'apposita convenzione fra l'amministrazione comunale e le scuole dell'infanzia autonome" risale alla delibera n. 452 del 14 dicembre 1994. Il modello di convenzione stipulato fra il gestore di scuola dell'infanzia privata e il Quartiere prevede:
la collaborazione per l'integrazione dell'offerta;
l'accoglienza di tutti bambini in età;
il mantenimento di livelli di qualità;
la vigilanza igienico sanitaria;
la partecipazione delle famiglie alla vita delle scuole;
l'adozione degli Orientamenti educativi della scuola dell'infanzia statale;
l'adeguamento alla normativa statale vigente per quanto riguarda il rapporto tra numero degli insegnanti e numero delle sezioni tenuto conto dei contratti nazionali di settore.


Le sovvenzioni alle scuole dell’infanzia paritarie, ove si voglia riconoscere il loro ruolo sussidiario (e fatte salve le riserve di carattere costituzionale) allo Stato (e non più al Comune, che a sua volta oggi svolge un ruolo sussidiario a quello dello Stato), dovrebbero essere erogate prevalentemente se non esclusivamente dallo Stato.

Esse hanno ricevuto finanziamenti crescenti nel tempo, tanto dal Comune quanto dallo Stato. Dal Comune, a partire dal 1995 (delibera 452 del 1994) hanno ricevuto circa 8.000 euro all’anno per sezione (per un totale di 239.300 euro nel 1995) sino a 12.000 euro per sezione nel 2010 (che sale a 14.450 euro calcolando anche il finanziamento alle scuole indipendentemente dal numero di sezioni e dal contributo per il coordinamento pedagogico), per un totale nel 2010 di 1,055 milioni di euro (650 euro a bambino iscritto). Si tratta di 73 sezioni (dato 2009) distribuite su 28 scuole, che ospitano complessivamente 1.622 bambini.

A questi contributi si aggiungono quelli statali (14.427 euro a sezione, per un totale di 1,053 milioni) e quelli regionali, legati a progetti di miglioramento qualitativo dell’offerta (un totale di 182.000 euro nel 2010).

Quindi le scuole private paritarie ricevono complessivamente dal pubblico 2,290 milioni di euro per anno come contributo per il finanziamento della gestione di 73 sezioni (1.412 euro a bambino).
Con quelle risorse il Comune potrebbe finanziare 10-12 sezioni comunali. Dovrebbe però, per finanziare le altre 60 sezioni che mancherebbero, mettere a bilancio altri cinque milioni di euro all’anno, oltre ai costi fissi e generali e oltre alla costruzione e allestimento di 73 aule, per un costo di circa 29 milioni.

Attualmente il Comune stanzia circa 20 milioni di euro all’anno per erogare il servizio per la scuola dell’infanzia a 5.269 bambini (3.800 euro a bambino, oltre ai costi di ammortamento e manutenzione degli immobili e i costi fissi e generali).

E’ probabile che solo una parte (non sappiamo quanta) dei bambini che frequentano una scuola paritaria opterebbe per la scuola comunale (e perché non statale?). Tuttavia questa parte deve avere il diritto di frequentare una scuola non confessionale. Si tratta quindi di conoscere quanti bambini frequentano una scuola paritaria per scelta o per mancanza di alternative. Va però aggiunto che in quest’ultimo caso deve essere lo Stato e non il Comune a farsene carico.

Con una conferenza stampa svoltasi sabato 5 marzo nei locali della Chiesa Evangelica Metodista di Bologna, il Comitato articolo 33 ha presentato il quesito referendario sui finanziamenti comunali alle scuole private paritarie, depositato in Comune due giorni prima. Oltre al Circolo UAAR di Bologna, sono promotori del comitato: Assemblea Genitori e Insegnanti di Bologna, Comitato bolognese Scuola e Costituzione, Comitato genitori nidi e materne, Federazione Lavoratori Conoscenza – CGIL, Rete Laica Bologna, USB Bologna.





La presidente del comitato promotore Carla Codrignani e il portavoce Maurizio Cecconi hanno illustrato le ragioni per cui 330 cittadini chiedono che i bolognesi possano dire a loro sulla scelta del Comune di destinare ogni anno 1.055.000 euro per le scuole private paritarie. Una scelta arbitraria, in quanto nessuna legge obbliga il Comune a sottrarre risorse alla scuola di tutti per consegnarli a scuole private ideologicamente orientate.
Con quella cifra si potrebbero attivare 10-12 sezioni di scuola dell’infanzia, sufficienti a coprire le richieste in lista d’attesa.

Per il circolo UAAR di Bologna è intervenuto il portavoce Roberto Grendene, ricordando come non sia solo un problema di portafogli, ma anche di libertà di coscienza: il Comune di Bologna sceglie di non soddisfare le richieste di scuola pubblica e laica, obbligando le famiglie a consegnare i propri figli a scuole ideologiche religiose. Una discriminazione e una svendita della laicità della scuola fatte nel nome della “sussidiarietà”, termine velenoso con il quale si nascondono finanziamenti vietati dalla Costitizione e accondiscendenza alle pretese sempre maggiori delle gerarchie ecclesiastiche.

Le ragioni esposte dal Comitato non possono essere ignorate, anche per la qualità politica delle sue componenti. Né le sole ragioni economiche possono avere il sopravvento. Solo una “trattativa” Comune-Stato (insieme alla Regione) può trovare una soluzione alle problematiche esposte, probabilmente in via graduale ma certa, garantendo il trasferimento a carico dello Stato degli oneri oggi in capo al Comune e il mantenimento della qualità didattico-pedagogica e del tempo pieno della scuola comunale.

Tuttavia, da subito devono essere chiariti alcuni punti, parte dei quali sollevati dal Comitato e condivisibili:

1) le scuole private paritarie non possono rifiutare l'iscrizione di un alunno (legge 62/2000) né possono discriminare gli studenti portatori di handicap o quelli appartenenti a famiglie non cattoliche. Nonostante ciò, le richieste d'iscrizione rifiutate ci sono. In intere scuole private paritarie non c'è nemmeno un bambino/a con handicap, come la “Kinder House”, oppure sono scuole solo al “femminile”, come le “Cerreta”, o scuole che richiedono il certificato di battesimo.
2) I costi di iscrizione a quelle scuole vanno da 200 a 800 euro al mese. Il contributo pubblico non appare compatibile con scuole “di lusso” con tariffe che arrivano sino a 8.000 euro all’anno e sono pertanto riservate a famiglie molto benestanti.
3) Occorre anche una garanzia e il controllo circa la qualificazione dei docenti delle scuole paritarie, il loro trattamento economico non inferiore a quello dei docenti statali e comunali, la garanzia di un loro reclutamento non discriminatorio per ragioni di fede religiosa e la libertà di insegnamento.

Forza della ragione, incanto della fede. Ricordo di Cesare Scurati.

La tecnologia e l’elettronica sono troppo spesso disumane. Certamente, ogniqualvolta sembrano compiacersi degli elettroshock che sanno scaricare: per lo più colpendoci inermi con le notizie più tragiche. L’ultima ci ha squarciato il cuore in un assolato giorno di maggio: il telefono é trillato per comunicarci questa inaccettabile sentenza: Cesare Scurati non era più con noi. Strappato alla vita da un destino cieco e crudele.
In punta di piedi, percorreremo questa sobria testimonianza, consapevoli della precarietà della nostra avventura interpretativa. Sono righe che osano lo sguardo in alcune immagini - esistenziali e pedagogiche - di cui è cosparso il nostro album dei ricordi.
Anzitutto, il suo volto esistenziale. Cesare giace nella mia memoria esistenziale come personalità cristallina, limpida, generosa. Il sorriso schivo e dolce era il suo “codice” interattivo di ascolto e di dialogo. Questi, i segni di riconoscimento della sua carta d’identità umana: da una parte, la disponibilità e la carità sociale nutrite di una tensione assiologica di limpido solidarismo e provvidenzialismo; dall’altra parte, la solidarietà testimoniate, senza sosta, negli spazi e nei tempi della sua amatissima professione accademica: teatro di impegno e di scelta a favore di chi patisce forme di discriminazione e di esclusione.
Poi, il suo volto pedagogico. Cesare giace nella mia memoria professionale come uno dei cavalieri senza paura estranei a quella compiacente Pedagogia cicisbea e vassalla delle direttive ministeriali in campo educativo e scolastico. Al contrario, Scurati é stato tra i samurai di una Pedagogia copernicana che mai ha abbassato la guardia - nel serrato confronto di fine Novecento e d’inizio Duemila - con la dirimpettaia Pedagogia tolemaica (cara ai governi populisti, padronali e incolti) sulla progettazione e sulla costruzione di un sistema formativo rivolto al futuro dell’umanità: cosparso di cifre valoriali (ineludibili per la formazione di soggetti/ Persone:dotate di autonomia di pensiero e di valori), di cifre democratiche (ineludibili dare di più a chi ha di meno) e di cifre culturali (ineludibili per formare la mente e il cuore delle giovani generazioni).
Cesare ci lascia in eredità un patrimonio di certezze indelebili. A partire dall’idea di educazione, di cui mi parlò in una nitida giornata d’Autunno a passeggio lungo i portici di Bressanone. Con parole lente e profetiche mi guardò negli occhi. E sicuro del mio consenso mi confidò questo suo paradigma assiologico. I valori pedagogici a cui crediamo - rivoluzionari, e per questo “utopici” - sono la forza della ragione e l’incanto della fede, i soli in grado di portarci lontano: fin sulla riva del fiume dove sarà possibile costruire una nuova umanità. Fatta di donne e di uomini nuovi. che conduce in un mondo illuminato di futuro: privo di necessità e di determinismi. Un mondo contrassegnato da molteplicità di direzioni, da scelte non obbligate, da alternative prive di casualità. Sottraendo la storia alla “fatalità” e rendendo irreversibile l’appello ai valori esistenziali della scelta e dell’impegno.

La scuola è di tutti. Un libro di Girolamo De Michele.

Un’insolita “autobiografia “professionale” e istituzionale.

<< G. De Michele, “La scuola è di tutti”, Edizioni Minimum fax, Roma, 2010 >>

Rosanna Facchini

Per inveterata abitudine di lavoro, quando affronto un nuovo libro comincio dall’indice. E qui, nonostante i miei pregiudizi sulla proliferazione di resoconti di vita scolastica che stanno imperversando da un po’ – Mastrocola,D’orta…et alii), e i cui contenuti trovo perlomeno discutibili,se non del tutto inutili e fuorvianti,sono stata subito catturata.
Dopo le classiche avvertenza e introduzione,infatti,trovo “Vita narrata di un insegnante per caso” ed è scattata la curiosità;riparto dall’inizio e comincio subito da lì,passando rapidamente dall’avvertenza.Chi ha scritto la circolare dell’USR Emilia Romagna in cui si invitano i dipendenti pubblici del comparto scuola ad “astenersi da dichiarazioni o enunciazioni che in qualche modo possano ledere l’immagine dell’Amministrazione Pubblica”,impermeabile al fatto che, forse,sono proprio queste esternazioni e i comportamenti concreti di molti ,troppi, dipendenti pubblici a ledere l’immagine e altro, è ancora lì a sostituire un Direttore Generale, che non c’è più da un pezzo e,parafrasando l’autore che parafrasa a sua volta “l’indimenticabile Moustache… ma questa è un’altra storia….”
Io che,quarant’anni fa, ho fatto la “maestra per destino” - che non ha nulla a che vedere con l’orgasmo vocazionale della “florencenightingale dell’educazione”,ma che ha tutto a che vedere con la condizione socioeconomica e socioculturale della mia famiglia (contadini semianalfabeti, tuttavia ricchi di quella cultura vissuta e lettori accaniti della stampa quotidiana ,mensile e settimanale di quel pedagogico comunismo del primo dopoguerra ) - ho trovato strategiche consonanze con questo mio giovane collega ,che nasceva proprio quando io ho iniziato le magistrali. Non voglio certo qui raccontare la mia odissea culturale e professionale ,mi interessa solo rilevare la simpatica ed efficace azione di smontaggio di uno dei pre-giudizi di più lunga durata :l’insegnamento non come mestiere/lavoro,ma come vocazione al femminile,se persino il gelminipensiero si attorciglia a perorare “il maestro unico” perché ai bimbi piccoli occorre “un surrogato di mamma”…qualche dubbio sulla consecutio temporum nei detti/scritti della signora l’avevo anch’io,adesso mi sorge il sospetto che non abbia ben chiaro neppure la concordanza di genere e numero…!
Mentre quelli che fanno (NON sono) gli insegnanti lo si capisce con molta evidente chiarezza da questa insolita autobiografia, che in realtà è una biografia collettiva di chi lavora nella scuola della Repubblica e si interroga continuamente ,confrontandosi con i dati di realtà e con i sogni delle nuove generazioni, sul quid del proprio mestiere,che non è mai dato, una volta per tutte .
Difficile ripercorrere tutto il testo,anche in sintesi:mi limiterò pertanto ad segnalare quelle che ritengo le più significative evidenze del cambiamento incessante che ha comunque percorso la scuola pubblica,nell’afasia costante della politica (o magari proprio grazie a quest’assenza..?!). Del resto autonomi non si diventa mica per legge : il paradosso della comunicazione “sii libero!” di P. Watzlawick, può benissimo essere mutuato per un nuovo pertinente ossimoro : “sii autonomo!”.
Ed ecco allora che, nei sei capitoli e nei due intermezzi,completati da un’appendice e da un epilogo,articolati in trent’otto paragrafi - tranquilli sono solo 321 pagine,se si esclude la corposa bibliografia e sitografia ,nonché le note a pie’ di pagina – si dipana una storia individuale e collettiva di una scuola di qualità,quando e se la si lascia lavorare.Sono pagine che si leggono d’un fiato,ma che poi si vogliono,si debbono, rileggere perché come ogni buon insegnante sa ,il buon esito di una comunicazione, anche didattica, non è quello di dire proprio tutto,perché chi lo dice sa tutto,ma è quello di suscitare curiosità e interesse per andarsi a cercare o quello che manca, o quello che si vuole sapere di più,o ancora quello che viene pensato autonomamente da chi ascolta o da chi legge.
Vi segnalo tutta la parte relativa alla valutazione,per la quale è davvero d’obbligo premettere che non di solo INValSI si tratta e neppure degli alti lai suscitati dall’estensione di tali prove anche alle scuole secondarie superiori :il prof. De Michele è assiduo frequentatore di tutte le svariate casistiche,metodologiche e contenutistiche della misurazione /valutazione e, pur non citando Mario Gattullo (l’unico docimologo di statura internazionale di cui la cultura italiana si può davvero vantare )ne costituisce, di fatto e di diritto, un sicuro continuatore ,se non altro per la cultura del dubbio che esercita con autentica capacità professionale da insegnante. Vogliamo prescindere ,e facciamolo pure per amor di patria ,dalla nomina della Preside di una scuola superiore paritaria della Compagnia delle Opere (= C.L.) a capo dell’Istituto(I.N.Val.S.I.,appunto) cui è affidato il compito di preparare e far somministrare le prove nazionali alle scuole pubbliche,ma proviamo allora a seguire le comparazioni che il nostro professore fa della miriade di strumenti valutativi,per …vedere (in chiaro)l’effetto che fa…. parafrasando Jannacci!
E allora OCSE/PISA,SIALS, PIRLS,TIMSS,oltre alla frequentazione assidua dei vari Rapporti annuali, nazionali e regionali dell’Emilia Romagna sugli esiti degli esami finali almeno dal 2007 in poi,senza perdersi neppure l’analisi dei “venditori di Apocalisse”,autoctoni e oltre confine ,come documenta la mole bibliografica già citata.
Una sintesi fulminante: non è in discussione il dovere della scuola di valutare e di farsi valutare ,ma è dovere istituzionale della scuola denunciare la “canea” informativa che nasconde oggi,come ieri, anche nel pragmatico mondo anglosassone, che queste prove di valutazione non danno conto affatto della qualità degli apprendimenti in funzione della qualità degli insegnamenti,ma fotografano la realtà statica di una società frammentata e disgregata in cui ancora la selezione “di classe/censo” ha già incanalato i destini scolastici,formativi, e poi lavorativi, in funzione della provenienza socio-culturale. Ma il pragmatico mondo anglosassone,già nell’800 –J.Dewey,Democrazia ed educazione- segnalava il nesso tra queste due locuzioni e il segno del cambiamento che, nonostante tutto, percorre le strade e ivicoli della scuola pubblica sta anche in questo :un insegnante di Liceo che conosce bene la pedagogia di Dewey,il Tempo Pieno di Ciari,Rodari,Malaguzzi, il modulo della Scuola Elementare,in cui gioca anche la sua esperienza di genitore,senza avvallare l’idea di essere un “pedagogista naturale”,per il fatto di averli procreati quei figli,ma attento alla pedagogia e alla pratica professionale dei colleghi che coadiuvano la sua azione genitoriale…
.e gli studenti? professionalmente significativo il rifiuto di considerarli “somari” e “bulli” a favore di un approccio fra persone,fra cittadini/e che non stanno come “il lupo e la pecora” ,uno sopra e l’atro sotto,con buona pace-lo dico per me,indotta anche da quegli autori colleghi che anche il nostro non predilige particolarmente – del pre-giudizio che vede gli insegnanti della scuola elementare /primaria,forti di cultura pedagogica,mentre “dalle medie in su “,attenti solo alla loro materia /disciplina .Una sana contaminazione di culture e pratiche professionali si è insinuata nella Scuola Pubblica Autonoma, un acronimo a definizione costituzionale che non si quota in borsa ,ma che continua a costituire/resistere quale luogo ineliminabile di esperienza cognitiva,culturale,relazionale della cittadinanza contemporanea,da liberare dalla tante,troppe precarietà dentro e fuori .
Documentata, e ampiamente comparata, tutta la parte dei costi dell’istruzione, in rapporto anche al parametro del rapporto docenti/studenti che occupano sempre i pensieri e le opere degli opinionisti tuttologi,capaci di concionare, con identica competenza, nei “processi del lunedì” che si possono prolungare a piacere tutti i giorni della settimana. E anche qui cade una altro pregiudizio di insegnanti attenti solo al fatto pedagogico e/o disciplinare e indifferenti ai conti pubblici. Insomma:sono troppi o sono pochi gli insegnanti, spendiamo poco o spendiamo troppo,per il nostro futuro? Mettendo insieme tutti i numeri a disposizione si può rilevare che spendiamo meno della media OCSE e della media EU,se diamo ascolto al Rapporto Education at a Glance 2009 dell’OCSE,appunto,che rileva come al 2007 lo Stato italiano destina all’istruzione il 6,9% del proprio bilancio,a fronte della media UE dell’8,1% e della media OCSE del 9,0%! Questi calcoli tuttavia considerano solo la spesa statale e nessuno si addentra nel più complesso,ma non impossibile ,calcolo delle spese concorrenti degli Enti Locali,partners istituzionali privilegiati in tutta Europa dell’offerta formativa pubblica.
Anche le tabelle desunte di nuovo dal Rapporto 2009,di cui sopra, ci danno dei numeri diversi quanto a n° di studenti per docente. A parte la solenne banalità che nessuno sembra mai voler considerare, nel rapporto frontale insegnante/classe ,quando hai 28/32 studenti,di cui ,magari,11 stranieri e 5 con deficit, di quale ridondanza di insegnanti stiamo parlando? E come vanno poi considerate le due specificità tutte italiane?
a)gli insegnanti di sostegno -poco importa che li paghi l’istruzione o la sanità,sempre bilancio pubblico è,ma importa dal punto di vista pedagogico –culturale- organizzativo,perché l’integrazione nelle classi comuni si fa solo in Italia ! in tutto il resto d’Europa e del mondo si pratica ancora abbondantemente un percorso educativo - riabilitativo speciale ,in istituzioni separate,anche quando si occupano gli stessi spazi fisici,come in Francia;
b) gli insegnanti di religione cattolica ,selezionati dall’ordinario diocesano ,ma stipendiati dallo Stato italiano e sul rapporto docenti/ studenti di questa “libera “materia scolastica” non capita mai di vedere prodotti calcoli catastrofici di attentato alle pubbliche finanze …..
che quanto al punto a) stanno,in questi giorni, producendo ineffabili proposte di legge, da parte della maggioranza di governo, che per garantire continuità e qualità agli interventi di sostegno arrivano a prevedere che il costo sia a carico delle famiglie …..

Da approfondire:
  • quale ruolo la contemporanea genitorialità può e deve avere in questo percorso di crescita reciproca tra adulti e “minorenni”?
  • che funzione vogliamo esplicitare per tutti quelli che “non insegnano”,ma fanno parte della catena istituzionale e organizzativa che produce la scuola (ricordate che all’inizio le chiamavano proprio per quello che non facevano = non docenti) e anche adesso che li chiamiamo in acronimo A.T.A.,sembrano fratelli minori di ET…..
Da non dimenticare ,anzi da tenere sotto stretto controllo:
  • il valore legale del titolo di studio che, senza tema di esagerare, è l’art.18 ,della scuola pubblica
  • la rappresentanza sociale nella gestione delle scuole pubbliche che non sono aziende ,ma Enti Territoriali ,alla pari degli storici enti locali che compongono lo Stato di questa Repubblica .
Non abbiamo scherzato,quando,10 anni fa, abbiamo usato per la prima e unica volta l’istituto del Referendum confermativo,per dire “sì”anche a questo:
allo Stato la competenza di istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale”,su cui già agisce la “legislazione concorrente delle Regioni”.
E già che ci siamo:vogliamo ricordare che la parola “concorrenza”,nella sua etimologia latina, grazie a quel “cum-con ” significa prima di tutto correre insieme !?…per garantire proprio quello che dice la Costituzione, al suo articolo 3.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Ecco questo è il mestiere della scuola, anche per il prof. De Michele e vale la pena leggerlo per continuare a riflettere, per “lavorarci”, ancora.

La scuola che vorrei.

Beniamino Brocca



Ha fatto, recentemente, la sua comparsa nelle librerie, un saggio scritto a più mani, dal titolo: <<Anni ’70. I peggiori anni della nostra vita>>. Questo giudizio, un po’ sconvolgente, deriva dalla convinzione che il Welfare, il Mercato, le Istituzioni e la Scuola di oggi, siano refrattari a ogni tentativo di modernizzazione a cagione delle tesi emerse negli “anni settanta”. Il turbamento aumenta quando si legge, nella introduzione redatta da un ministro del governo in carica, che occorre <<una volta per tutte dimenticarli>>. All’amico ministro (amico perché fummo ambedue impegnati allora in politica: io al fianco di A. Moro egli al fianco di B. Craxi ), dichiaro l’indisponibilità alla dimenticanza. No, non voglio scordarli perché nel passato c’è la nostra dignità; perché la storia – come ricorda A. Gramsci in una “lettera”a suo figlio Delio -<<riguarda tutti gli uomini viventi […..] in quanto si uniscono, lavorano, lottano e migliorano se stessi>> per cui <<non può non piacere più di ogni altra cosa>>; perché in quella stagione del confronto solidale si sono vissuti momenti tragici ed esaltanti insieme, da non rinnegare; perché quegli anni, nonostante siano stati di “ piombo”, generarono a vantaggio della scuola – in un clima sconvolto da impetuose emergenze e da fiduciose riprese (turbolenze e schiarite) – le Proposte di Frascati ( 1970 ) con i rinomati “ 10 punti “; la legge 820/71 che introdusse le attività integrative, gli insegnanti speciali e la formula del tempo pieno; la legge delega 477/73 seguita dai famosi cinque decreti delegati; la legge 517/77, pietra miliare del rinnovamento, dominata dal criterio della compensazione e accompagnata dall’integrazione dei disabili, dalla valutazione promovente e dalla programmazione educativa; la legge 845/78 in materia di formazione professionale regionale.
Se la scuola,oggi, è “bloccata” ( Z. Bauman direbbe “ liquefatta”) non è colpa degli <<Anni ‘70>>, ma di chi in nome della “ libertà e responsabilità” ha introdotto conformismo e facilismo, inducendo la scuola – nell’attuale contesto di scontro politico, di deperimento culturale, di miasma morale, di omologazione massmediale, di intemperanza deontologica…- a commettere ( fortunatamente solo in parte) alcune dissipazioni che non si possono nascondere. Infatti… ieri si guardava innanzi , oggi si guarda indietro (non si cammina verso orizzonti nuovi, ma verso recinti retrivi): è la sindrome del gambero che crede di avanzare mentre arretra; ieri si sosteneva la continuità, oggi si marca una discontinuità ( non si tende alla progressione, ma alla frenata): è il trucco di Penelope che azzera di notte il lavoro del giorno; ieri si cercava il consenso, oggi si fomenta il dissenso ( non si curano gli interessi della gente, ma gli istinti del populismo) : è l’arroganza del gallo il quale crede che il sole si alzi per sentirlo cantare; ieri si coltivava la strategia, oggi si predilige la tattica ( non si assume una visione prospettica, ma una convenienza occulta) : è il destino del cavalluccio marino che errando nell’oceano senza méta finisce nel ventre di un pescecane. Compaiono, qui, quattro parole chiave del riformatore serio e senza retorica ( non del riformista frivolo e senza sobrietà). Esse sono innanzi, continuità, consenso, strategia: sono le sole in grado di sconfiggere i comportamenti deformati sia dei giacobini, sia dei sanfedisti.
Lucy, la cinica e nevrotica sorella di Linus, con ironia disarmante pronuncia una sentenza assai arguta: <<La vita è come una sedia a sdraio. C’è chi la mette a poppa per vedere il mare già solcato, c’è chi la mette a prua per vedere ciò che si affronterà. E tu dove la metti la sedia a sdraio?>> Charlie Brown, il perdente instancabile, sussurra <<Non sono riuscito ad aprirne una…>>. Noi che sappiamo aprirla, dobbiamo metterla a prua per scorgere quello che sta per arrivare nel sistema educativo italiano, soprattutto per capire ciò che si respinge e ciò che si auspica per l’istruzione e la formazione di domani.
Si respinge la inversione di direzione impressa silenziosamente alla scuola del nostro Paese.. come si trattasse di una vecchia locomotiva spinta su un “ponte girevole” per svoltare il senso di marcia. Si è di fronte a un “espediente” che suscita almeno quattro ordini di perplessità.
Questa operazione non fa rima con innovazione in quanto si riduce a recuperare ( come non ricordare i “ recuperanti” di M. Rigoni Stern) i residuati arrugginiti di lontane battaglie pedagogiche e didattiche e abbandonati essendo inservibili. Questa operazione non fa rima con tradizione in quanto si rifiuta di ambientare nel presente e nel futuro le migliori esperienze (comprese le buone pratiche degli istituti), gettandole invece nella discarica delle immondizie, insieme alle positive sperimentazioni attuate.
Questa operazione non fa rima con rivoluzione in quanto si dimostra incapace di comprendere che le trasformazioni profonde e durature sono compiute solo da chi sa quel che perde e quel che guadagna.
Questa operazione non fa rima con ricostruzione in quanto si percepisce immediatamente che sulle macerie fumanti crescono le sterpaglie, mentre la scuola nuova si edifica esclusivamente intorno alla “ fontana antica” ( cioè al nucleo dei bisogni e delle attese educativi delle giovani generazioni).
Si auspica, perciò, la realizzazione di una scuola di pensiero avendo come idea stellare un pensiero di scuola. E’ questo un postulato che esige qualche chiarimento.
Innanzitutto, una scuola di pensiero è quella che combatte la logica sbrigativa dell’adessismo, del pressappochismo e del superficialismo, contraria al recepimento della complessità; che ripudia il restringimento del sapere intorno alle “ 3 i”; che assume un punto di vista pedagogico nell’affrontare tutti i problemi; che rilancia la centralità dell’educazione con i suoi due complementi di specificazione: l’istruzione e la formazione; che ritiene la persona umana la misura di tutte le cose; che unisce ideazione e azione, essere e avere, intelligenza e cuore, cognizione e relazione,scienza e tecnologia; che rivaluta la funzione docente con la conseguenza di accreditare tre riconoscimenti: giuridico, professionale, economico.
Inoltre, un pensiero di scuola, in grado di guidare le scelte di istruzione e di formazione del sistema educativo, è quello che accorda una priorità, nell’ambito delle politiche nazionali, alla istituzione medesima assegnando per intero le risorse economiche necessarie per il suo sviluppo; è quello che ne prevede una “ navigazione “ in cui si pratica….
da un lato, l’arte del timore, intesa come maestria nel mantenere o nel cambiare orientamento. Essa si esplica in una triplice dimensione: in lunghezza, alla volta delle urgenze aggiornate dell’insegnamento - apprendimento; in larghezza, in presa diretta con la realtà ambientale; in altezza, nei pressi degli ideali (valori) che ispirano le opere quotidiane effettuate da chi ha la missione di istruire e formare,
da un altro lato, l’arte della vela, intesa come abilità e perizia di manovra, indispensabile per sfruttare l’impulso dei “venti”,il quale produce il movimento dell’intera struttura. Essa (l’arte della vela) intercetta, infatti, gli aspetti ordinamentali e curricolari del sistema educativo e si cimenta con il mandato da assolvere (costituito dalla crescita dell’autonomia personale e dal possesso delle competenze teorico-pratiche), con il dovere da espletare (costituito dal contributo da recare alla propagazione dei valori dell’interazione) e con l’affidabilità da inventare per suscitare l’adesione al progetto; si cimenta con l’impianto nazionale in difesa sia delle omogeneità dei fini generali sia del retaggio delle diverse identità storico-sociali; si cimenta con un modello pluridirezionale concepito come una via maestra dotata di due o più corsie parallele che permettono il passaggio dall’una alle altre, in corrispondenza della destinazione e della vocazione degli “utenti”; si cimenta con lo strabismo ancora imperante dell’assetto attuale che punta a fornire una cultura solida a tutti e una specializzazione definitiva a ciascuno (dualismo impraticabile per cui si impone una opzione in favore di un’ipotesi “generalistica” con un rinvio della professionalizzazione specialistica a una fase post-secondaria non universitaria); si cimenta con il principio della unitarietà nella differenziazione attraverso la riduzione delle diversità di natura e il mantenimento delle diversità di funzione per cui le discipline vengano “curvate” a seconda degli indirizzi; si cimenta con il ruolo della formazione professionale regionale da riabilitare in vista anche dell’assolvimento dell’obbligo di istruzione; si cimenta con l’annosa questione del raccordo tra la scuola statale e non statale offrendo a quest’ultima una parità autentica e condizionata, meno disparata di quella vigente.
Si può concludere con un sentimento di fiducia nei confronti dell’istituzione scolastica: dei suoi protagonisti e dei suoi “contatti”. Viene spontaneo ricordare l’osservazione di Alice, all’inizio del suo viaggio nel <<Paese delle meraviglie>>, allorché sbirciando il libro che la sorella sta leggendo, si accorge che è senza figure e senza dialoghi e si domanda: <<A che serve un libro senza figure e senza dialoghi?>>....A che servirebbe una scuola senza figure e senza dialoghi?
Ma nella scuola italiana le figure degli alunni e dei docenti non sono sbiadite o insignificanti e i dialoghi interni ed esterni, sebbene un po’ affievoliti, non sono estinti o sterili.

Nonostante la Gelmini. Quando la scuola dà palcoscenico alla scienza.

A partire dalla presente Edizione (n° 11 Maggio 2011), Riforma della Scuola inaugura la “rubrica” Nonostante la Gelmini. L’intenzione dei direttori e della redazione é documentare - dando mensilmente palcoscenico a Scuole disseminate nei territori regionali della penisola - la passione, l’impegno e la fatica del sistema formativo del preobbligo, dell’obbligo e del postobbligo per assicurare (per l’appunto, Nonostante la Gelmini!) alle giovani generazioni autonomia di pensiero e saperi di lunga durata. Traguardo perseguibile a patto di fornire alle “intelligenze” degli allievi più-forme-di-pensiero. La Controriforma/Gelmini ovviamente non allude mai ai saperi plurali, ma prescrive conoscenze assiomatiche che non permettono al discente nessun dubbio, nessuna libera interpretazione, nessun consumo critico. Soltanto un’istruzione-nana, sottoforma di cachet cognitivi avvolti in una risibile inconfutabilità, può convertire le materie scolastiche in conoscenze/verità: per di più rimpicciolite in pasticche cognitive idonee ai quiz delle prove oggettive di profitto.
Il Ministro - tramite un impietoso uso della mannaia sull’organico dei docenti, sulle sedi scolastiche, sul monte/orario, sui servizi bus/mensa e sulle apparecchiature didattiche - persegue l’obiettivo antipedagogico di un istruzione tutta-nel-Banco che privilegia un menù di conoscenze che evaporano rapidamente e muoiono precocemente. Tanto da risultare inidonee a una loro “manutenzione” nella stagione adulta e senile. Sono conoscenze tendenzialmente esogene - usa e getta - che aprono lo spettro del neoanalfabetismo di ritorno fin dall’ultimo stadio della giovinezza.
Le Scuole che daranno protagonismo alle presente “rubrica” di Riforma della Scuola testimonieranno come si possa dire “no” al meteorite gelminiano disseminato di saperi/verità (enciclopedici e ripetitivi) che tramutano la cultura-al-maiuscolo in altrettanti superquiz da lotteria trimestrale e di fine anno.
Apre le danze - e debutta - la scuola marchigiana “Istituto Comprensivo Pirandello” di Pesaro, presentata da Maria-Chiara Michelini.
Seguirà, nella prossima Edizione della nostra rivista la scuola pugliese del "XIV Circolo didattico Re David" di Bari, presentata da Alberto Greco.


Quando la scuola dà palcoscenico alla scienza.

Maria-Chiara Michelini

In questo contributo presenteremo il progetto “I Teatri della Scienza” pensato e realizzato da una rete di otto scuole1 della regione marche, “Ambinfanzia”, la cui capofila è L’Istituto Statale L. Pirandello di Pesaro. Si tratta di un’esperienza assolutamente interessante che mette in luce come, nonostante i reiterati tagli e la presenza di condizioni sempre più ostative per una educazione di qualità, ci siano scuole che fanno davvero scienza al loro interno e realizzano una didattica autenticamente laboratoriale. Non si tratta di affermazioni retoriche e formali di promozione di innovazioni, ma di esperienze vere e intelligenti, volute e sostenute dalla scuola reale e militante, che resiste alla progressiva erosione di risorse e ad attacchi indiscriminati e ingiusti. Crediamo, in questo modo, di dare voce a chi a davvero da dire cose significative sulla “buona scuola”, ma, contemporaneamente alla preoccupazione circa i rischi sempre più evidenti per il suo futuro.
Gli scopi del progetto “I Teatri della Scienza” sono:
  • condividere, attuare e documentare percorsi di educazione scientifico-ambientale nella scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, servendosi di una metodologia sperimentale che faciliti la costruzione di schemi interpretativi, operativi e formali, stimolando i processi di concettualizzazione, per produrre contenuti di conoscenza attraverso l’esperienza;
  • promuovere la formazione e l’aggiornamento dei docenti sul versante tecnologico, metodologico – didattico e relazionale per un utilizzo ottimale della telematica, luogo virtuale di realizzazione del progetto;
  • attivare comunità di pratiche mediante laboratori di docenti in presenza e on line, allo scopo di condividere la riflessione, la progettazione, il confronto in itinere, la documentazione e la valutazione per la costruzione di buone pratiche.
Il progetto2 risulta particolarmente interessante per una serie di ragioni. Vediamone alcune.
Ambito di Riferimento
Anzitutto l’ambito di riferimento, ovvero le scienze, intese sia come disciplina, con tutte le diramazioni ad essa attinenti (ambiente, astronomia, zoologia, ecc.), sia come metodo di approccio scientifico/ecologico al mondo. In questo senso il progetto intende promuovere negli allievi da 3 a 14 anni formae mentis scientifiche, atteggiamenti basati su osservazione – formulazione di ipotesi – verifica sperimentale. E’ evidente la perfetta aderenza di tale scelta con una delle otto competenze-chiave per l'apprendimento permanente (competenza matematica e competenze di base in campo scientifico e tecnologico) della Raccomandazione del Parlamento e del Consiglio Europeo del 18 dicembre 2006. L’affinità è rintracciabile anche nella definizione, data nella Raccomandazione stessa, di competenza in campo scientifico come capacità e disponibilità “a usare l'insieme delle conoscenze e delle metodologie possedute per spiegare il mondo che ci circonda sapendo identificare le problematiche e traendo le conclusioni che siano basate su fatti comprovati. […] Le persone dovrebbero essere anche in grado di riconoscere gli aspetti essenziali dell’indagine scientifica ed essere capaci di comunicare le conclusioni e i ragionamenti afferenti. Questa competenza comprende un’attitudine di valutazione critica e curiosità, un interesse per questioni etiche e il rispetto sia per la sicurezza sia per la sostenibilità, in particolare per quanto concerne il progresso scientifico e tecnologico in relazione all'individuo, alla famiglia, alla comunità e alle questioni di dimensione globale.”
La scelta dell’ambito è tanto più significativa se la si inscrive, per l’IC Pirandello, nella decisione di collocarlo tra i Progetti d’Eccellenza del POF, progetti sui quali canalizzare risorse e sagomare i curricoli.

Una rete per la continuità verticale
Un secondo motivo di particolare interesse del progetto “I Teatri della Scienza” è, ovviamente, costituito dalla forma d’itinerario verticale, in continuità dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di primo grado. Una continuità costruita dal basso; la rete infatti è nata dall’infanzia ed ha poi coinvolto gli altri ordini di scuola scuola, attivando un circolo virtuoso di interesse evidente. Tale forma non riguarda solamente i percorsi e le esperienze rivolti agli allievi (circa 1000), ma anche, necessariamente, i 70 docenti coinvolti in percorsi di formazione (teorica, laboratoriale, con esperti, attraverso la piattaforma e-learning). Tutto ciò è sostenuto da iniziative di ricerca-azione, elaborate e realizzate dagli insegnanti delle scuole aderenti al progetto, con il coordinamento e la consulenza scientifica di esperti esterni (Collaboratore del CNR di Roma). In questo senso la ricerca-azione è stata assunta ed agita come forma di indagine consapevole delle progettazione educativa, realizzando quella circolarità teoria/prassi/teoria, cara al pragmatismo deweyano, che considera le menti dei docenti luogo e fonte di una scienza dell’educazione.3
Per quanto attiene, in particolare, ai temi, negli a.s. 2009/2010 e 2010/11, il progetto in rete “Costruzione di un curricolo verticale di Astronomia” è stato interamente rivolto alle problematiche scientifiche del cielo e del sistema solare, con l’obiettivo di avvicinare bambini e preadolescenti ai fenomeni celesti, attraverso modalità idonee a far crescere la curiosità, la passione e il gusto di “fare scienza”. La Regione Marche, nell’ambito del piano pluriennale di Formazione territoriale, lo ha premiato come miglior progetto per l’accesso ai finanziamenti a sostegno dell’Autonomia scolastica.
Con la dimensione della verticalità s’interseca quella dell’orizzontalità, propria della rete, tra gli Enti e le Istituzioni Scolastiche della Regione Marche. Essa nacque nel giugno del 1999, come iniziativa di un gruppo di docenti e di dirigenti scolastici, coordinati da un dirigente tecnico della regione marche, i quali avviarono una riflessione intorno all’opportunità e alla fattibilità di una rete telematica di scuola dell’infanzia, centrata sui temi dell’educazione ambientale e delle didattica delle scienze, individuando nella rete una risorsa per l’attuazione dell’Autonomia, come espressamente previsto dall’art. 7 del DPR n°275/1999. In questo contesto la rete si è quindi rivelata valore aggiunto che ha consentito, negli anni, la formazione di un gruppo trainante di una trentina di docenti che tuttora riesce a coinvolgerne molti altri all’interno degli istituti e dei plessi, offrendo ampio orizzonte di confronto e collaborazione. Si è dato vita ad una comunità di pratiche per l’attuazione di una ricerca partecipativa, come portato di una visione democratica dell’educazione, che pone l’esigenza di un “sistema d’iniziativa intellettuale, di discussione e di decisione che permei l’intero corpo scolastico”.4
Riproponibilità del Progetto
Ulteriore motivo di interesse del progetto “I teatri della scienza” è relativo alla preoccupazione costante circa la riproponibilità dello stesso. Nel corso degli anni la messa a punto di un metodo di lavoro basato sulla costituzione di gruppi di ricerca impegnati nella risoluzione di problemi scientifici, sulla conversazione, sul procedere per domande in modo che risposte e soluzioni emergano in maniera non scontata, sull’attivazione di laboratori della mente, prima ancora che come luoghi del fare fisico, sulla progettazione e costruzione di modelli, è stata resa possibile anche grazie alla scelta di documentare esperienze e percorsi. Tale documentazione è stata costantemente resa disponibile sul sito già menzionato a tutte le istituzioni scolastiche. Il carattere estremamente trasversale di tale metodo riflessivo di problem solving ne ha amplificato la validità e riproponibilità ben oltre i limiti della ricerca e della disciplina scientifica.
Dal 1999 ad oggi i docenti hanno elaborato e pubblicato:
  1. il sussidiario formativo didattico – scientifico (circa 70 schede operative inerenti diverse tematiche di carattere scientifico)
  2. decine di esperienze delle scuole
  3. materiali elaborati dai docenti nei gruppi di ricerca (piattaforma e-learning del sito).
  4. Stereogrammi della continuità (Allegato n. 1)
  5. articoli ricorrenti sulla rivista “Infanzia”
  6. segmenti di percorso pubblicati nei volumi della collana “Gaia scienza” di Angelo Rimondi, ed. Junior
  7. convegni e seminari a livello regionale e nazionale ( Saltara, Civitanova, Pesaro, Napoli…)
  8. materiali elaborati dai docenti nei gruppi di ricerca (piattaforma e-learning del sito).

Per le ragioni sinteticamente esposte in queste pagine e per le molte altre che emergono da un’immersione nei materiali presenti sul sito, il progetto “I teatri della scienza” rappresenta un esempio di qualità della scuola della comunità, capace di attivare e curare le sinergie tra i tanti soggetti che hanno a cuore la scuola e il futuro delle giovani generazioni.

_________________________________________________________________________
ALLEGATO N.1 STEREOGRAMMI DELLA CONTINUITA’
1° fase


<><><><>
INFANZIA
PRIMARIA
SECONDARIA
LA BIBLIOTECA
DELLE FIABE E DELLE
NARRAZIONI ANIMATE
LA BIBLIOTECA
DEI MITI E DELLE
LEGGENDE DISEGNATE
LA BIBLIOTECA
DELLE CONCEZIONI E DEI MODELLI SCRITTI
IL CHIOSCO DEI
DIALOGHI SULLA LUCE SUL BUIO E SULLEOMBRE
IL CHIOSCO DEI
DIALOGHI SUL SOLE
LA LUNA, LE STELLE LE COMETE
IL CHIOSCO DEI
DIALOGHI SULL’ORIGINE
DI GAIA E DEL SISTEMA SOLARE
L’OSSERVATORIO TERRESTRE
PER LA SCOPERTA E LA
PRODUZIONE DELLE OMBRE
IL PLANETARIO CELESTE
DELLE TORCE, DEI FARETTI
DEGLI SPECCHI
LA STAZIONE SPERIMENTALE
DEGLI GNOMONI E DEGLI
OROLOGI SOLARI
L’OFFICINA DI
PROGETTAZIONE
DELLE MACCHINE VOLANTI
L’OFFICINA DI
PROGETTAZIONEDEGLI AEROPLANINI DI CARTA
L’OFFICINA DI PROGETTAZIONE DELLE STAZIONI SPAZIALI


IDEE GUIDA
Stazione, Postazione, Spostamento, Traslazione, Rotazione, Rivoluzione, Giro, Orario, Antiorario, Diritto, Rettilineo, Ondulato, A zig zag, Avanti, Indietro, Di sopra, Di sotto, Dietro, Destra, Sinistra, In su, In giù, Vicinanza, Lontananza, Adiacenza, Prima, Dopo, Durante, Mentre, Lungo, Corto, Alto, Basso, Inizio, Fine, Fermata, Termine, Direzione, Verso, Durata, Sequenza, Percorrenza, Simultaneità, Salita, Discesa, Altezza, Lunghezza, Allungamento, Accorciamento, Deviazione, Riflessione, Rifrazione, Ingrandimento, Rimpicciolimento...

2° fase


<><><><>
INFANZIA
PRIMARIA
SECONDARIA
IL TEATRO
DEI GIROTONDI E DELLE
TROTTOLE
IL TEATRO
DELLE ROTAZIONI E
DELLE RIVOLUZIONI
IL TEATRO DEI SATELLITI E DELLE ORBITE
IL LABORATORIO DEI
TRAGITTI E GRAFISMI
DELL’ANIMAZIONE
CORPOREA
IL LABORATORIO DEI
VOLI , SVOLAZZAMENTI
E TRAIETTORIE
DI BOLLE, RITAGLI, SEMI
AQUILONI E PARACADUTI
IL LABORATORIO DEI
RUOTAGGI , ROTOLAMENTI
RIBALTAMENTI
DI SAGOME GEOMETRICHE
IL LUNA PARK
DELLE PISTE
DEGLI SCIVOLI E DELLE
MONTAGNE A PRECIPIZIO
IL LUNA PARK
DELLE SPINTE
DEI RIMBALZI E DELLE
OSCILLAZIONI
IL LUNA PARK
DELLE BALISTICHE
DELLE PARABOLE E DELLE
CADUTE DI GRAVI
L’OFFICINA DI
PROGETTAZIONE DI FROMBOLE, PROPULSORI
MAZZAFIONDE
L’OFFICINA DI
PROGETTAZIONE
DI ARCHI, FRECCE E
BALESTRE
L’OFFICINA DI
PROGETTAZIONE
DI TRABOCCHI, BOMBARDE E CATAPULTE


IDEE GUIDA
Forma, Forza, Massa, Gravità, Peso, Tempo, Spazio, Velocità, Accelerazione, Impulso, Impeto, Inerzia, Incremento, Rincorsa, Curvatura, Sbandamento, Attrito, Impatto, Rallentamento, Slancio, Istante, Intensificazione, Arresto, Carica, Scadenza, Scarica, Energia, Accumulazione, Concentrazione, Intensificazione, Moto, Quantità, Conservazione, Pressione, Resistenza, Urto, Elasticità, Tiraggio, Sollevamento, Oscillazione, Smorzamento, Rimbalzo, Periodicità, Potenza, Molleggiamento, Stiramento, Rapidità, Ripidità, Inclinazione, Pendenza, Gradiente, Restringimento, Bersaglio, Volume, Leggerezza, Liscezza, Sostanza …
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1 Oltre alla scuola capofila fanno parte della rete: in provincia di Pesaro l’I.C.S. GIOVANNI PAOLO II di S.ANGELO IN LIZZOLA/MONTECCHIO, l’I.C.S. MONTELABBATE, la D.D. ELIO TONELLI DI CATTABRIGHE; ad Ancona l’ I.C.S. “SCOCCHERA”; in provincia di Ascoli Piceno la D.D. MONTEPRANDONE CENTOBUCHI; A Civitanova Marche, in provincia di Macerata la D.D. VIA UGO BASSI e la D.D. VIA REGINA ELENA.
2 Il progetto è dettagliatamente presentato nel sito www.ambinfanzia.net, nel quale è disponibile una ricca e articolata documentazione delle esperienze finora svolte. Soggetti promotori: le docenti Francesca Ancorani ed Alessandrini Claudia, rispettivamente tutor di rete del progetto e web master del sito oltre che formatrice per le nuove tecnologie; le dirigenti scolastiche Marcella Tinazzi e Giuliana Ceccarelli, l’una a capo dell’IC Pirandello negli anni dell’avvio del progetto e l’altra attuale dirigente da 4 anni e coordinatrice regionale del progetto; il Dirigente Tecnico Dell’USR Marche Italo Tanoni, ora Ombudsman della regione Marche; il prof. Angelo Rimondi, ricercatore storico-scientifico collaboratore del CNR di Roma, che svolge l’attività di formatore.

3 Dewey J., Le fonti di una scienza dell’educazione, La Nuova Italia, Firenze, 1951 (1929), pag. 57 e pag. 20.
Dewey J., L’educazione di oggi, La Nuova Italia, Firenze, 1986 (1940), pag. 77.